Anche l’Austria contro l’alt UE alle commissioni

Una delle principali battaglie nel settore finanziario nei prossimi mesi riguarderà gli inducements, cioè compensi, commissioni o prestazioni non monetarie pagati o ricevuti da un intermediario in connessione alla prestazione di un servizio di investimento, come avviene ad esempio nelle retrocessioni.

Dopo la Germania anche l’Austria si è schierata contro lo stop proposto dalla Commissione Europea, anche se la stessa rimane orientata a proporlo. II ministro austriaco delle Finanze Brunner ha scritto alla Commissaria europea per i servizi finanziari, McGuinness, sottolineando che «un divieto comporta il rischio che gli investitori al dettaglio non siano più in grado di accedere a servizi aggiuntivi per migliorare la qualità della consulenza. Qualsiasi miglioramento dovrebbe considerare attentamente l’impatto sulla disponibilità e sulla qualità della consulenza e sulla diffusione dei prodotti assicurativi. Dobbiamo assicurarci che gli eventuali aggiustamenti abbiamo il risultato sperato». In precedenza il ministro tedesco delle Finanze, Lindner, si era detto «molto preoccupato» per un divieto che andrebbe a colpire in modo rilevante il sistema assicurativo del suo Paese. Anche le associazioni di categoria di banche, assicurazioni e fondi hanno criticato l’eventuale stop agli incentivi.

McGuinness è decisa comunque ad andare avanti. «Gli incentivi possono portare a conflitti di interesse con un effetto negativo sulla qualità della consulenza sugli investimenti», ha detto il 24 gennaio in audizione al Parlamento Ue. «Agli investitori retail viene spesso consigliato di acquistare prodotti più costosi o che non sempre sono i più adatti alle loro esigenze. I prodotti a basso costo, come gli Exchange Traded Funds, non vengono quasi mai consigliati. E questo ha un impatto sui rendimenti netti che i consumatori possono aspettarsi».

Secondo Bruxelles, i prodotti in cui vengono pagati incentivi sono in media «più costosi del 35% per gli investitori retail» rispetto agli altri, nonostante le tutele previste dalla MIFID e dalle direttive Ue contro i conflitti di interesse. Quindi, la misura, nelle intenzioni dell’esecutivo comunitario, ridurrebbe di un terzo il costo dei prodotti finanziari per i consumatori finali e favorirebbe lo sviluppo e la crescita del mercato.

La proposta è stata presentata nell’ambito della definizione della “Retail Investment Strategy” e dovrebbe essere varata nel corso del mese di aprile.