Il patto di famiglia

Attraverso la Legge n. 55/2006 è stato introdotto l’istituto del patto di famiglia, attualmente disciplinato dagli articoli da 768-bis e 768-octies del codice civile.

Si tratta di uno strumento che permette all’imprenditore, attraverso accordo espresso di tutti i soggetti legittimari, di derogare al divieto di patti successori, operando una sorta di “successione anticipata” in favore di alcuni soli dei suoi discendenti (beneficiari).

Il patto di famiglia, non essendo soggetto ad azione di riduzione e di collazione, permette all’imprenditore che ne fa uso di garantire continuità nella gestione dell’azienda, scongiurando qualsivoglia vicenda successoria che ne pregiudichi il valore e le prospettive di crescita.

Da un punto di vista formale non assume rilevanza la dimensione dell’impresa familiare, ma vengono escluse quelle che svolgono attività di tipo bancario o assicurativo.

Affinché si possa validamente applicare l’istituto del patto di famiglia è necessario che questo venga stipulato per atto pubblico dal notaio a pena di nullità e che vi partecipino tutti i soggetti che sarebbero legittimari secondo la legge successoria, oltre che il disponente (ex art. 768-quater c.c.).

Inoltre, nell’ipotesi di morte dell’imprenditore, all’apertura della sua successione, possono assumere la qualifica di legittimari anche nuovi soggetti.

Si tratta del caso in cui vi siano dei legittimari sopravvenuti, ossia preesistenti ma che non hanno partecipato al patto al momento della sua stipulazione (si pensi all’ipotesi di un figlio nato al di fuori del matrimonio, riconosciuto dall’imprenditore all’insaputa degli altri suoi familiari), o anche al caso in cui, successivamente alla stipula del patto l’imprenditore –celibe o vedovo– si sposi lasciando a sé superstite il coniuge o gli eventuali nuovi figli (anche adottivi).

In questo caso, i nuovi soggetti potranno chiedere ai beneficiari del patto il pagamento di una somma di denaro pari al valore della quota di legittima che spetta loro per legge (ex art. 768-quater, comma 2, c.c.).

Il patto di famiglia costituisce dunque un contratto plurilaterale, inter vivos e ad effetti reali, con il quale i soggetti beneficiari sono tenuti a compensare gli altri partecipanti –non assegnatari– attraverso il pagamento di una somma di denaro pari al valore delle quote loro riservate, salva rinuncia, in tutto o in parte, di questi ultimi.