La complessa questione della restituzione del premio corrisposto agli agenti in seguito alla cessazione anticipata del contratto per iniziativa dell’agente, indipendentemente dalla causa, è stata nuovamente oggetto di recente attenzione da parte della Corte di Cassazione, che si è pronunciata al riguardo, risolvendo una controversia proposta inizialmente davanti al Tribunale di Napoli.
Tale Giudice territoriale aveva accolto, in sentenza, la domanda della società preponente relativa al rimborso del bonus portafoglio da parte di un agente che aveva risolto il contratto per giusta causa prima dei 36 mesi previsti contrattualmente.
Il Giudice di prime cure, nel decidere, si era basato sull’interpretazione di una specifica clausola contrattuale che prevedeva la restituzione del premio in caso di cessazione anticipata del contratto.
Tuttavia, la Corte di Appello di Napoli, accogliendo l’appello dell’agente, aveva sovvertito la pronuncia di primo grado, sul presupposto che la suddetta clausola contrattuale non potesse trovare applicazione in quanto l’agente era stato costretto al recesso proprio a causa della condotta illecita tenuta dalla preponente nei suoi confronti.
La questione veniva portata al vaglio della Corte di Cassazione da parte della società preponente, sul presupposto che l’interpretazione fornita dalla Corte d’Appello della clausola in contestazione fosse in contrasto con il senso letterale del testo e con le reali intenzioni delle parti.
Con l’ordinanza n. 5281 del 28 febbraio 2024, la Suprema Corte respingeva il ricorso, ritenendo che la Corte d’Appello avesse correttamente applicato i principi di diritto relativi al criterio di conservazione del contratto.
In particolare, secondo i Giudici di Legittimità, nell’interpretazione del contratto è importante considerare il criterio ermeneutico (ex art. 1367 c.c.) secondo cui il testo contrattuale nella sua interezza o le singole clausole vanno interpretati in modo tale da conservare qualche effetto, evitando interpretazioni che renderebbero le clausole improduttive. Tuttavia, il suddetto principio non consente comunque un’interpretazione che si sostituisca alla reale volontà delle parti e, in caso di incertezze, il giudice deve evitare di adottare una soluzione che renda il contratto nullo.
Nella sentenza impugnata, la Corte d’Appello, secondo il Supremo Collegio, si era attenuta ai limiti precisati, interpretando in modo coerente il termine “iniziativa” contenuto nel testo della clausola contrattuale, con lo scopo di conservare gli effetti del contratto, e, dunque, presupponendo una decisione o un atto libero e volontario da parte dell’agente, non influenzato dalla condotta illegittima della preponente.
In conclusione, tale pronuncia della Corte di Cassazione fornisce fondamentali chiarimenti sull’interpretazione delle clausole contrattuali nei contratti di agenzia e sull’applicazione dei principi di conservazione del contratto nel contesto negoziale del nostro ordinamento.