La relazione dell’accertamento tecnico preventivo può essere utilizzata contro l’assicurazione che non ha partecipato al procedimento ed è stata poi chiamata in manleva della Asl e del medico in una controversia sulla responsabilità professionale.
Il documento può essere prodotto nel giudizio di cognizione e costituisce una prova atipica liberamente apprezzabile dal giudice. La parte che non ha partecipato all’accertamento ante causam non può quindi trincerarsi dietro l’inopponibilità, perché ha tutti gli strumenti processuali per confutare attendibilità e conclusioni.
È quanto emerge da una sentenza pubblicata il 24 marzo 2023 dalla Terza sezione civile della Cassazione, secondo cui la Corte d’Appello ha commesso un errore nel rigettare la domanda di manleva sul rilievo che la decisione del Tribunale era fondata anche sull’Atp a cui l’assicurazione non aveva partecipato. La compagnia, fra l’altro, in secondo grado cambiava linea difensiva e non contestava più la responsabilità di Asl e medico, limitandosi ad eccepire l’inopponibilità dell’Atp nei suoi confronti.
Il punto è che la relazione finale prodotta entra nel materiale probatorio sottoposto al contraddittorio: il giudice può utilizzarla per fondarvi il suo convincimento anche nei confronti di parti che non hanno partecipato all’Atp. L’assicurazione, in questo caso, avrebbe potuto richiedere una consulenza tecnica d’ufficio o articolare ulteriori mezzi istruttori.
L’ultima parola spetta alla Corte di Appello in diversa composizione a cui è stato rinviato il procedimento.