La Suprema Corte, con un’ordinanza recentissima, n. 4275 del 16 febbraio 2024, ha nuovamente fatto luce sul tema delle “spese di resistenza” in materia di azione di manleva, riconfermando, in sostanza, l’orientamento precedentemente in vigore (precisamente: cfr. sent. 26683 del 15 settembre 2023 e ord. n. 21290 del 5 luglio 2022).
Nello specifico, decidendo sull’impugnazione di una sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila proprio su tale questione, la Corte ha chiarito che la formulazione della domanda da parte dell’Assicurato, di essere – genericamente – tenuto indenne dall’Assicuratore “da ogni pronuncia e da ogni condanna” non poteva automaticamente ricomprendere anche le spese di resistenza di cui all’art. 1917, comma 3, c.c., dal momento che: “l’obbligo dell’assicuratore di rifusione delle suddette spese prescinde da una pronuncia di condanna dell’assicurato nei confronti del terzo e scaturisce dal contratto”.
Infatti, l’assicurato che pretenda di ottenere la restituzione delle spese di resistenza da parte dell’Assicuratore deve formulare nel relativo giudizio una specifica domanda in tal senso, dal momento che, secondo il Supremo Collegio, la pretesa di refusione di spese e onorari di causa formulata nell’atto dell’assicurato si riferisce esclusivamente alle eventuali spese di soccombenza, non già a quelle di resistenza.
Peraltro, per queste ultime, la Corte ha statuito che possano essere dovute esclusivamente dietro specifica dimostrazione, del loro effettivo esborso da parte dell’Assicurato.
Per chiarezza, ricordiamo che per “spese di soccombenza” devono intendersi, nell’ambito di una controversia relativa all’operatività o meno della garanzia assicurativa invocata in giudizio, quelle che l’Assicuratore dovrebbe essere condannato a pagare in caso di vittoria dell’Assicurato. Per “spese di resistenza”, invece, debbono intendersi le spese che l’assicurato deve sostenere per contestare la pretesa del presunto danneggiato che abbia agito in giudizio invocando il risarcimento del danno.
Facendo applicazione dei principi suddetti, la Corte di Cassazione ha rigettato il gravame proposto, confermando la pronuncia della Corte d’Appello dell’Aquila, che aveva anch’essa respinto la richiesta dell’Assicurato.